Due anni dopo…

L’ultimo articolo postato risale a gennaio 2020. Come passa il tempo !

In quelle settimane eravamo all’inizio della esperienza Covid e, dopo tutto questo tempo, appare chiaro che avremo a che fare con questo virus ancora a lungo, si tratterà anche di scoprire con quali modalità. Certamente dovremo immaginare una nuova normalità, come suggerisce questo articolo di Jama (Una strategia nazionale per la “nuova normalità” della vita con COVID | Malattie infettive | jama | Rete JAMA (jamanetwork.com)) nel quale si prende atto che immaginare di arrivare a Covid zero sia piuttosto improbabile

Naturalmente il rischio zero non esiste per alcuna malattia, anzi non esiste in alcuna attività umana. Pure restare a casa, su una poltrona, è rischioso: la sedentarietà è un notorio fattore di rischio cardiovascolare. Si tratta quindi di valutare con quale grado di diffusione e gravità della infezione dovremo convivere.

L’articolo citato esprime una ipotesi in merito: “La soglia di rischio appropriata dovrebbe riflettere il picco di decessi settimanali, i ricoveri ospedalieri e la prevalenza comunitaria di malattie respiratorie virali durante gli anni ad alta gravità, come il 2017-2018. Quell’anno ci sono stati circa 41 milioni di casi sintomatici di influenza, 710 000 ricoveri e 52 000 decessi. Inoltre, il CDC (Center for Disease Control) stima che ogni anno il RSV (Virus respiratorio sinciziale) porti a più di 235 000 ricoveri e 15 000 decessi negli Stati Uniti. Ciò si tradurrebbe in una soglia di rischio di circa 35 000 ricoveri e 3000 decessi (<1 decesso/100 000 abitanti) nella settimana peggiore. Oggi, gli Stati Uniti sono lontani da queste soglie. Per la settimana del 13 dicembre 2021, il CDC ha riferito che gli Stati Uniti hanno registrato oltre 900.000 casi di COVID-19, oltre 50.000 nuovi ricoveri per COVID-19 e oltre 7000 decessi. La tolleranza per la malattia, il ricovero in ospedale e la morte varia ampiamente tra gli individui e le comunità. Ciò che costituisce soglie appropriate per ricoveri e decessi, a quale costo e con quali compromessi rimane indeterminato. Questa soglia di rischio della settimana di picco serve almeno a 2 funzioni fondamentali. Questa soglia di rischio attiva raccomandazioni politiche per l’attuazione di emergenza della mitigazione e di altre misure. Inoltre, i sistemi sanitari potrebbero fare affidamento su questa soglia per pianificare la capacità di letto e forza lavoro di cui hanno bisogno normalmente e quando istituire misure di emergenza.”

Quanto questa filosofia possa essere direttamente applicata in Italia è tutto da determinare. L’articolo citato suggerisce una più corretta informazione, certamente l’adozione di strumenti molto più affidabili di raccolta e valutazione dati, che possano essere raffinati sempre più con l’esperienza, l’adozione di personale dedicato, destinato a tenere attive le procedure di vaccinazione, implementare programmi scolastici di informazione e prevenzione, istituzionalizzare e potenziare la telemedicina, ricostruire e potenziare la fiducia della gente nella sanità pubblica.

Un compito non da poco. Nelle settimane più buie abbiamo vissuto momenti di sbandamento che probabilmente sono stati anche responsabili di un peggiore outcome dei pazienti. Come non ricordare la scelta delle RSA ? Certamente le direttive devono essere centrali e questa pandemia, proprio perchè nazionale, anzi sovranazionale, deve essere occasione per ricondurre al Governo Centrale anche molte delle competenze che oggi sono disperse nelle troppe sanità regionali, le quali non hanno brillato per efficienza ed efficacia, ognuna protesa a scappare avanti e a fare scelte dedicate solo al proprio territorio. E implementare strategie comunicative che, basate su persone qualificate a trasmettere messaggi chiari ed esaustivi, possano ridurre il diffuso sentimento di confusione che oggi condiziona molte scelte, tra le quali anche quelle di coloro che sono resistenti alle vaccinazioni.